L'INCREDIBILE SCOPERTA DEL DOTTOR OMEGA di Alfredo Panzini


In quale paese noi fossimo, non ricordo bene perché il treno, librato sopra le ali, come un aeroplano, correva senza sussulti ad una velocità vertiginosa.
Il fiume, presso i cui meandri noi fuggivamo, poteva essere il Tevere, o il Reno o, anche, il Danubio, o, se vi piace, un fiume d’America.
Poi vedemmo un edificio grandissimo su cui era scritto; «Ai benefattori dell’umanità.»
Entrammo.
Era un giardino d’infanzia, smisurato: ma poi un senso di orrore, di sgomento, un bisogno di rifugiarmi presso mia madre mi colse; e sarei fuggito coi capelli irti: ma l’egregio dottor Beta due (disse lui che si chiamava Beta due: vestiva un càmice bianco, come i farmacisti a Bologna, e aveva sopra quel bianco un volto rasato e fiorito), mi sbarrò il passo.
— Ma che temperamento impressionabile, — disse a me. — Ora chiamo il primario, dottor Alfa pente, che le darà tutte le spiegazioni che lei desidera.
Io desideravo null'altro che di fuggire presso mia madre, in qualunque luogo ella sia; ma lungi da quel luogo straniero all'anima mia.
Ma il dottor Alfa pente èccolo lì pronto: càmice candido, anche lui: mani cardinalizie, e volto di cuor contento. Venne presso di me e si congratulò con me di essere venuto alla casa grande dei benefattori della umanità. Mi disse molte cose gentili, e infine mi assicurò che i miei meriti erano pregiati dalla repubblica, soltanto le mie opinioni, notoriamente scettiche sul progresso, urtavano un po' contro l'articolo decimo comma terzo, che dice: «La repubblica della umanità non concede onoreficenze se non a quei cittadini che hanno fede nel cammino indefinibile della umanità stessa.»
Io ignoravo questo articolo di legge, come non conoscevo affatto il dottor Alfa pente né il dottor Beta due. E così pure non domandavo onoreficenze.
— Ma lei, — continuò il dottor Alfa pente, — ha fatto benissimo a venire qui e, creda, si convertirà! Lo stile dell'edificio le piace? Esso pure è, come vede, del tutto umanizzato. Dicevate voi in antico: stile dòrico, stile iònico, stile àttico e che so io. Questo, è stile umano!
L'immenso sconfinato edificio aveva conformazioni di archi, di porte, di finestre che parevano occhi, bocche di cemento biancastro. Ma non era quello stile che mi atterriva: era quella turba di bimbi in quel giardino d'infanzia. Erano bimbi alti come uomini, ma curvi: con gli occhi e i capelli scolorati come hanno gli albini: diafani, cerei, grinzuti, Erano tutti col grembiulino, i balocchi, le carrioline. Vedendo me, tutti quelli strani bimbi mossero a passettini verso di me. Facevano: «oh oh!» per meraviglia. Balbettavano: «ba, ba, ba!» e altri suoni incomprensibili. Puntavano, come fanno i bimbi, il dito verso di me; dita ceree e cascanti. Ridevano tutti a un modo, con larghe bocche aperte; ma senza denti, o un qualche raro dente giallo.
Il dottor Alfa pente, osservando il mio turbamento profondo, levò di tasca una di quelle pistole innocue che servono tutt’al più per spaventare i cani. Bastò un colpo, a polvere, un lampo, perché tutta quella turba fuggisse.
Cioè, voleva fuggire; ma non sapeva correre: quelle porte a forma di bocche aperte, di cemento, la ingoiò infine quella turba. Scomparve, ma non tutta; molti di quei bimbi mostruosi caddero; e si mossero un po’, ma non si rialzarono.

*

Il dottor Alfa pente mi distolse dal fissare quei caduti dicendo a me cortesemente: — Egregio signore, si accomodi.
Sprofondammo in due profonde poltrone. Mi parve che la mia poltrona saltellasse accanto a quella del dottor Alfa pente.
Il quale disse:
— Noi dobbiamo tutto al grande, al magnifico, all'incomparabile dottor Omega. Ai tempi della vostra civiltà la lettera greca omega era chiamata littera nigra, perché simbolo di morte. Il dottor Omega, che oggi raggiunge i trecento anni di sua beata età, ha preso per sé questo nome, che significa luce e vita. Lei, egregio signore, ricorda benissimo che già ai suoi tempi una scoperta scientifica rivoluzionò ad un tratto tutta l’arte della guerra. I raggi termici invisibili, entro un diametro che può essere variato all'infinito, permettono di distruggere ogni traccia di vita organica; e ciò alla distanza di parecchie miglia. Conseguenza: tutto un esercito di vivi può essere trasformato in un esercito di morti: nonché una metropoli, come Londra, può diventare un cimitero senza cipressi.
È a questo punto che intervenne il dottor Omega. Badi bene: un’invenzione che potevo fare io, lei, chiunque. Ma né io, né lei, né alcuno ci aveva pensato prima dell’ammirabile dottor Omega. Il dottor Omega trasformò il male in bene, a un dipresso come poi si è fatto per i terremoti. I terremoti, ai vostri tempi, erano considerati quali grandi sventure cosmiche. Oggi, come lei sa, il terremoto è usufruito come forza motrice.
Il dottor Omega si domandò semplicemente questo: per quale ragione uccidere, cioè distruggere gli organismi più vigorosi e pugnaci che sono appunto i giovani fra i diciotto e i trenta anni, che formano un esercito?
Attenuiamo la potenza del raggio termico così da ottenere il semplice stato di paralisi di questo materiale umano. Per tale arte la guerra è vinta lo stesso e sono salvi i principii dell’umanità. Ma il lampo di genio del dottor Omega non è qui. Uditemi bene: ai tempi della vostra civiltà le guerre producevano un arresto nella produzione della ricchezza. Oggi le guerre dànno un reddito valutato a miliardi di dollari. E in quale modo, lei domanderà.
Io non domandavo niente.
Il dottor Alfa pente continuò: — Con la exploitation, o sfruttamento scientifico di questo materiale umano. Lei sa benissimo che la così detta cura del ringiovanimento, o elixir di lunga vita, o opoterapia, o divorazione di vivi dai vivi, ha origini nell’età preistorica! Quando il guerriero era vincitore, divorava il cuore, il fegato del nemico vinto per accumulare, insieme con il suo valore, quello del nemico vinto. Ma fu soltanto dopo che, con vero metodo, lo studio sulle misteriose glandole a secrezione interna fu condotto a perfezione, che si cominciò ad ottenere qualche risultato pratico.
Da principio si esperimentò con le glandole sessuali, e ciò per evidenti ragioni. Senonché il ringiovanimento di una parte del corpo umano e la stanchezza di tutte le altre parti, produceva uno squilibrio con gravi inconvenienti.
Occorreva una operazione armonica, un innesto di tutte le glandole, e specialmente della più misteriosa delle glandole: il cervello. Ma assodato appena questo principio, ecco affacciarsi una enorme difficoltà. Da dove togliere questi innesti? Le scimmie, i scimpanzé, i caproni venivano a dare all'homo sapiens un aspetto che non sempre garbava alle signore. La moda stessa del vestire subiva alterazioni stranissime. Ed ecco il lampo di genio del dottor Omega di cui vi parlavo: i nemici vinti, caduti in letargo, ma non uccisi, vengono usufruiti per la ricostruzione organica su larga scala! Pompati, signore! Scientificamente pompati! Quale miniera umana meravigliosa! Altro che il pechblenda da cui si estrae il radio!
— Ma come, — interruppe il dottor Alfa pente, — voi non ammirate? Le vostre labbra tremano? Allora vi farò stupire io per ben maggior meraviglia. Voi direte (io non dicevo niente); ma se così è, gli uomini si rifiuteranno di fare la guerra! Il contrario, signore! — gridò a me il dottor Alfa pente quasi che io fossi un sordo.
Come in meccanica i detriti della combustione vengono trasformati in nuova forza, così il vigore vitale immesso per i nuovi innesti, rende gli uomini energetici, dinamici, feroci, ad un grado di cui voi non avete l'idea nemmeno nel poema dei Nibelunghi. Un furore di battaglia una voluttà di strage li pervade, e così corrono spontaneamente alla guerra senza avere bisogno più né di poeti né della lettura dei giornali. Vanno alla guerra; cadono in guerra; e vengono snervati. È un ciclo meraviglioso e continuo, un’auto-alimentazione! e nel tempo stesso, come voi qui osservate, vengono messe in pratica le più scrupolose leggi di umanità e di igiene. Gli individui furibondi, così privati degli elementi vitali, eccoli qui, raccolti, curati, e infine onorati del titolo di benefattori della umanità.
— Ma quei caduti? — dissi io allora additando.
— Niente! — rispose il dottor Alfa pente.
— Quelli sono già morti, come i fuchi che cadono attorno all’alveare, come le foglie d’autunno. 
Questi benefattori dell’umanità, così pompati dalla nostra scienza, subiscono una regressione infantile con rapidissimi segni di senilità: si raggrinzano in pochi mesi. Basta lo scoppio di una cartuccia, come una breve corsa per farli cadere e più non risorgono. Ma non se ne accorgono. Come bimbi che si addormentano! e anche ciò è sommamente umanitario!

*

Così mi disse il dottor Alfa pente. 
Una voce lugubre nella notte gridò: — Portonaccio!... — Eravamo presso Roma! I cipressi di campo Verano coronavano, sul colle, il cielo lunare. Scorreva lì il Tevere. Avevo letto molti giornali, in treno: cura Voronov, glandole a secrezione interna, raggi chimici, o termici che fossero. Poi, alle varie stazioni, molti cesti avevo veduto, da cui venivano fuori teste e gambe di agnello, perché era la vigilia di Pasqua; e così mi ero addormentato sul cuscino che dondolava.

Alfredo Panzini, La valigetta misteriosa ed altri racconti, Arnoldo Mondadori Editore (1944), L'incredibile scoperta del dottor Omega: pagg. 51-58.

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